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Ti sei sottoposta ad una seduta di Color Analysis e ti ritrovi con una palette che non rispecchia, o almeno credi che per te non vada bene. Capita, capita più spesso di quanto si possa pensare. Quindi è stato tutto inutile? No. La consulenza di armocromia, come ho più volte ribadito, non è il fine, ma semplicemente un mezzo. Ma cosa significa essere in palette?

Il colore è solo un elemento dell’immagine di una persona, uno tra i tanti. La nostra identità è definita dai colori che decidiamo di indossare e da come li indossiamo, dagli abiti e dagli accessori. Anche la postura, il modo in cui camminiamo, sorridiamo, porgiamo la mano contribuiscono a definire la nostra immagine.

Ecco perché non dovresti fermarti solo al colore. Ecco perché buona parte di quello che viene raccontato sul colore è poco accurato. Ecco perché non dovresti arrovellarti su cosa significa essere in palette! Il colore, da solo, non ha alcun potere magico, è semplicemente colore. Diciamo che se il tuo stile lasciava a desiderare prima del colore, dopo non cambierà di molto. Insomma, il colore non compirà nessun tipo di miracolo sul tuo look se ti mancano gli altri pezzi del puzzle.

Perché sottoporsi allora a una seduta di Color Analysis?

 

Da quello che sappiamo, il costume esiste fin dall’epoca romana. Questa informazione ci arriva direttamente da un mosaico, ritrovato in Sicilia a Piazza Armerina. Il mosaico raffigura alcune donne romane che giocano a palla indossando quello che noi oggi definiremmo bikini, un costume a due pezzi.

Perché il colore ci permette di capire cosa funziona e cosa no. Andare a colpo sicuro durante lo shopping ci aiuta a risparmiare tempo, fatica e stress. Per non parlare di soldi!

Molte persone rimangono perplesse nell’apprendere che rientrano in una stagione piuttosto che in un’altra. Come se i colori della Primavera potessero in qualche modo dare loro quello sprint e quella carica che manca. Altre pensano che per fare carriera sia necessario indossare solo abiti rigorosi e tinte austere. Altre ancora credono che la propria energia passi necessariamente solo dal rosso o dal giallo e quindi, essendo delle Estati, siano destinate a una vita nelle retrovie. O peggio ad essere considerate delle eterne bambine.

Qualche giorno fa una cliente sconfortata mi ha confessato che teme che la sua stagione la faccia apparire troppo infantile. Come se l’Estate avesse in serbo solo rosa e azzurri Baby, vai a spiegarlo a Kate Middleton, futura regina d’Inghilterra e fiera Estate Cool, o a Gwyneth Paltrow Light sì, ma dalle innegabili doti manageriali. E che dire delle Soft Jennfer Aniston o Ellen Pompeo che pur essendo delle delicate Estati macinano cachet milionari. E la bellissima Michelle Hunziker?! Una carica esplosiva racchiusa in una palette di colori soffusi e freddi. E anche sua figlia, Aurora Ramazzotti, non è certo una che si lascia intimorire, a dispetto della sua palette!

Intorno ai colori spesso si costruiscono storie, miti e pregiudizi che diventa poi difficile sradicare. Se internet, la TV, i Social ci dicono che sei sprint solo se sei Primavera, poi è faticoso accettare altro. Soprattutto se noi vogliamo che gli altri ci vedano sprint, effervescenti, perennemente gioiose.

Nei primi decenni del ’900, le donne utilizzavano solo i costumi interi, molto coprenti e pudici. In alcuni casi il costume era a mezze maniche ed era abbinato a un pantaloncino per coprire anche parte delle gambe. Fino alla fine degli anni ’30 questi sono stati gli costumi in voga, spesso caratterizzati da pattern a righe e grandi fiocchi sul davanti.

Il 1946 diede scandalo perché a Parigi iniziarono a circolare le prime versioni del bikini. Lo shock iniziale fu così grande che all’inizio le forze dell’ordine fermavano le donne in bikini perché il loro abbigliamento era ritenuto oltraggioso. Le cose iniziarono a cambiare solo negli anni ’60, quando i costumi cominciarono a diventare più audaci, con fantasie e colori accesi. Il costume a due pezzi divenne così il modello più scelto, superando il costume intero.

Quest’ultimo tornò alla ribalta tra gli anni ’80 e ’90, grazie alla serie televisiva Baywatch. Sull’onda dell’entusiasmo per le toniche bellezze californiane, si diffusero modelli di costumi interi sgambati e caratterizzati da pochi fronzoli e colori vivaci.

Cosa significa oggi essere in palette?

 

Lasciate che vi dica un paio di cose. Primo i colori sono semplicemente un complemento alla nostra persona e per nessun motivo dovrebbero prendere il sopravvento. Secondo, se siamo misurate e riflessive, non sarà il giallo a cambiarci. Magari alla prima impressione gli altri penseranno che siamo solari ed estroverse, ma conoscendoci meglio scopriranno che siamo diverse.

Terzo, non è l’intensità dei colori a cambiare l’intensità del messaggio, ma il modo in cui vengono combinati. Un look monocromatico non avrà lo stesso impatto visivo di uno complementare, anche se scegliete le sfumature più brillanti del mondo. Quarto, se non capite chi siete e dove volete arrivare, nessun colore, nemmeno il nero, vi potrà aiutare. E infine, se la vostra autostima tentenna, non c’è look o colore che tengano.

La grande abbondanza di modelli ha reso la scelta più semplice. Infatti si ha la possibilità di optare per un costume più sobrio o uno più audace a seconda del proprio gusto personale. Inoltre l’ascesa del vintage ha reso impossibile parlare di modelli fuori moda. Oggi le persone sono più consapevoli delle differenze tra moda e stile, considerate come due realtà differenti.

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