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Il Disturbo di Dismorfismo Corporeo (DDC) è un disordine mentale caratterizzato dall’idea ossessiva che alcuni aspetti della nostra immagine personale presentino dei gravi difetti o mancanze e che quindi richiedano di essere nascosti o aggiustati.

 Circa il 2.4% della popolazione soffre di DDC. Questo tipo di disturbo si sviluppa nel corso dell’adolescenza e le persone che ne sono affette vivono con forte disagio la loro immaginaria deformità. Per vergogna arrivano a sviluppare comportamenti antisociali e atteggiamenti ossessivi come lo specchiarsi continuamente, spinti dal desiderio di fuggire da un’immagine che considerano poco attraente e allo stesso tempo di sistemarla. Nei casi più gravi il DDC causa atteggiamenti autolesionisti o aggressivi. La sua diffusione è stata a lungo sottovalutata, i primi studi risalgono alla fine degli anni Ottanta. La psicoterapia si è rivelata efficace nella gestione del DDC, proprio perché volta a modificare la percezione distorta di sé.

La Dott.ssa Marzia Benvenuti, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, ci spiega come relazionarci con la nostra immagine, come trasformare i nostri difetti in alleati e a quali sintomi prestare attenzione. Sul suo blog e dalle sue pagine social affronta con leggerezza temi importanti come le relazioni e l’importanza dell’estetica, l’ossessione per la bellezza e l’incapacità di provare empatia in un mondo sempre più egoriferito e parcellizzato.

Parliamo del rapporto con la nostra immagine. Che cos’è l’immagine?

L’immagine di sé è il modo in cui noi ci vediamo. È costruita sulla base delle proprie credenze e convinzioni, su caratteristiche sia positive che negative.

Come si forma la percezione della nostra immagine?

L’idea che abbiamo di noi è una costruzione molto complessa e della quale non siamo pienamente consapevoli. Diciamo pure che è incorporata nel nostro modo di agire, di relazionarci, di essere nel mondo. La percezione di noi si fonda su cinque aree:

  1. Sociale (l’idea di sé in rapporto agli amici, alla persona amata, ai colleghi etc.).
  2. Scolastico-professionale (sentirsi capaci o meno di raggiungere gli standard richiesti dalla società).
  3. Familiare (il grado in cui ci sentiamo apprezzati, utili, amati).
  4. Estetico-corporeo (relativo all’aspetto esteriore).
  5. Intellettivo-culturale (la sensazione di avere delle abilità mentali e culturali adeguate e valorizzate).

La nostra immagine si costruisce a poco a poco, dal giorno della nascita, e può essere cambiata consciamente e inconsciamente.

È Una Percezione Oggettiva? E Ci Sono Fattori Che Possono Influenzarla Positivamente?

Non sempre la gente pensa di noi la stessa cosa che noi ci immaginiamo che pensi. In pratica già la semplice idea di noi stessi condizionerà il nostro comportamento in modo tale da “autoconfermare” l’idea stessa: è il così detto effetto di Profezia avverata. E no, non ci sono fattori specifici. Tutto dipende da noi, dall’autostima e da come ci vediamo nel mondo rispetto agli altri.

Immagine e autostima si alimentano a vicenda?

L’autostima è per definizione il senso soggettivo e duraturo del proprio valore personale basato su autopercezioni. Il rapporto è tra il nostro modo di percepire noi stessi (sé percepito) e quello ideale. Spesso accade che via sia una discordanza tra ciò che siamo e quello che vorremmo essere, dovuta a una differenza fra ciò che sentiamo di essere e come vorremmo essere. Ad esempio, se mi percepisco come una brava studentessa, e questo corrisponde anche al mio ideale, allora la mia autostima sarà alta. Se invece fallisco, o alcune volte non sono brava, ma il mio ideale rimane sempre lo stesso, la mia autostima può essere negativa. Questo dimostra che non è necessario essere migliori o sentirsi superiori. Per avere una buona autostima è sufficiente accettarsi.

Lavorare sull’immagine aiuta l’autostima? E come possiamo migliorare la percezione del nostro valore?

Avere stima di sé stessi è un buon punto di partenza di tutte le realizzazioni. Se non siamo in grado di innamorarci di noi stessi come possiamo amare gli altri? Una delle cose fondamentali è come ci parliamo. Questo atteggiamento dipende da cosa pensiamo di noi, da quello che ci hanno detto, insegnato o trasmesso geneticamente. Darci il giusto valore non è facile. In generale è più semplice notare le cose negative di quelle positive. Concentrandoci su i problemi e su quello che non va, influenziamo la valutazione del nostro sé. Per aumentare l’autostima di una persona è necessario agire su due variabili quella comportamentale e quella cognitiva, cercando di acquisire una buona capacità di comprensione interpersonale. Ovvero comprendere il punto di vista altrui, le emozioni e le percezioni. Questo è importante perché il concetto di sé deriva da ciò che gli altri pensano di noi ed è parte integrante della conoscenza di sé.

Quali atteggiamenti dobbiamo evitare?

È importante non attribuire troppo peso alle nostre insicurezze, anche perché si tende a credere che le proprie azioni siano notate e giudicati dagli altri in maniera superiore a quanto avviene in realtà. Altra tendenza comune è quella di spiegare il comportamento in termini di carattere e personalità, sottostimando le proprie capacità e abilità e rischiando così di attribuire le esperienze negative ad essi. È quindi fondamentale mettere in discussione il concetto stesso di “noi”. Spesso è generato da scorciatoie automatiche, pensieri, “errori cognitivi” che ci allontanano da un giudizio obiettivo. Il trarre conclusioni su di sé senza prove ma solo su sensazioni, ci conduce verso continui circoli viziosi. In pratica più siamo pessimisti più le cose andranno male. La legge di Murphy.

Possiamo imparare a gestire i nostri difetti? E a chi possiamo rivolgerci per un aiuto?

Certo che sì! Per prima cosa dobbiamo chiederci come ci vediamo? Cosa pensiamo di noi? E poi quanto siamo capaci di accettare i nostri difetti e limiti. Spesso sono proprio l’insieme delle nostre caratteristiche a renderci forti e aumentare la visione positiva di noi stessi. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che in taluni casi una bassa autostima o una distorta immagine di sé, anche a livello corporeo, possono essere dei sintomi di disturbi molto più complessi. In quel caso occorre rivolgersi ad un terpista per ristrutturare il pensiero cognitivo. L’aiuto di un personal stylist, che ci aiuti a valorizzare la nostra immagine esteriore, è la ciliegina sulla torta.

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