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I vestiti ci aiutano nella costruzione della nostra immagine ideale, contribuendo al benessere psico-fisico. I consigli per imparare a decifrare il guardaroba e usare la moda a proprio vantaggio.

Alla scoperta della propria identità

Secondo uno studio condotto negli anni ’60, l’abbigliamento influisce sul modo in cui un individuo definisce la sua identità, sia per quanto riguarda la percezione che un individuo ha di sé sia per quanto riguarda la percezione dell’immagine di sé che crede di dare agli altri.

Ma cos’è l’identità? L’identità è la presa di consapevolezza della propria unicità e allo stesso tempo della propria similarità con altre persone. L’abbigliamento gioca un ruolo fondamentale nel modo attraverso cui comunichiamo la nostra identità e il nostro ruolo sociale. Pensiamo per esempio a correnti come il punk in Inghilterra, il grunge negli Stati Uniti o i “paninari” in Italia.

Già nel 1890, James affrontava nel suo saggio “Principles of Psychology” lo stretto rapporto tra abbigliamento e identità, decretando che «la persona è composta da tre parti, l’anima, il corpo e gli abiti».

Abito, corpo e sé vengono percepiti simultaneamente, come una totalità. Ogni giorno costruiamo la nostra identità attraverso i vestiti che scegliamo di indossare, contestualizzandoli all’interno del contesto in cui viviamo. Non solo, ma esistono molteplici identità. Possiamo definire l’identità moderna come una realtà multidimensionale, non statica ma ridefinibile secondo tre direttive.

Le tre dimensioni della nostra identità

La prima dimensione vede contrapposte stabilità e transitorietà, ciascuno di noi possiede identità più stabili ed altre transitorie. La seconda vede la contrapposizione tra completo ed incompleto. Ad esempio, quando entriamo a fare parte di un nuovo contesto lavorativo ci sentiamo spaesati, percepiamo la nostra identità come incompleta, ovvero mancante di quelle caratteristiche che riteniamo necessarie per fare parte a pieno titolo di quel particolare sistema.

E infine l’eterna dicotomia tra reale e ideale. L’identità reale è data dalla percezione soggettiva che abbiamo di noi, l’identità ideale, invece, è la rappresentazione di ciò che riteniamo “perfetto”. Uno studio condotto nel 2000 da Guy e Banim ha indagato cosa significasse l’abbigliamento per un gruppo di donne. Ne sono emerse tre prospettive interessanti:

  • La donna che voglio essere: le donne che rientravano in questa categoria usavano l’abbigliamento per avvicinare l’immagine reale a quella ideale.
  • La donna che ho paura di apparire: in questo caso, invece, gli abiti hanno fallito nel loro tentativo di mostrate l’apparenza desiderata o addirittura hanno restituito un’immagine negativa di sé. L’abbigliamento è vissuto come qualcosa che non aiuta l’immagine ideale a prendere forma e rinforza un’immagine reale percepita come negativa.
  • La donna che sono per la maggior parte del tempo: il rapporto con l’abbigliamento è dinamico e vissuto come un gioco, le donne che rientravano in questo gruppo usavano i vestiti per mettere in scena diversi aspetti del sé.

Identità personale e abbigliamento

La percezione di avere più identità ha radici profonde, che l’abbigliamento può aiutare ad esprimere. Uno stylist può aiutare la persona a riportare in superficie tutte le identità che la compongono e che spesso, per paura di essere giudicati o per le pressioni sociali, tendiamo a soffocare, con effetti negativi sulla nostra autostima e il nostro benessere psico-fisico.

A questo proposito Alyce Parsons, consulente d’immagine e formatrice, ha affrontato il tema delle identità stilistiche in chiave culturale e antropologica, elaborando un sistema utilizzato ancora oggi da stylist, consulenti d’immagine e dall’industria cinematografica.

Il sistema dei sette stili universali

Il sistema dei sette stili universali è ancora oggi molto attuale. È poco conosciuto e valorizzato perché è basato su un approccio letterario-filosofico, ma tutte le maggiori ricerche in ambito psicologico e sociale confermano le intuizioni della Parsons. Identità e abbigliamento sono due facce della stessa medaglia.

Secondo il sistema esistono tre stili di abbigliamento senza tempo, Naturale, Tradizionale ed Elegante. Questi tre stili rappresentano la nostra identità stabile. Ciascuno di noi ne possiede uno, è una sorta di nucleo originale, quello che ci definisce come individui unici e irripetibili. Nei soggetti che cercano di mantenere un rigido controllo sulla realtà che li circonda, e spesso sono in perenne ricerca di approvazione esterna, a volte ne sono presenti due o anche tutti e tre.

Esistono poi quattro stili caratterizzanti: Romantico, Drammatico, Creativo e Alluring/Magnetic. Come suggerisce il nome, sono stili secondari che vengono utilizzati per personalizzare il look e corrispondono alle nostre identità transitorie.

Lo stile di base, o “core style”, non muta con il passare del tempo, è una costante che ci accompagna per tutta la vita. È l’elemento da cui partire per costruire una nuova immagine personale. Le sue caratteristiche sono ben definite, proprio come il nostro carattere, e devono essere tenute in considerazione se non vogliamo commettere errori nella costruzione di un nuovo sé. Per esempio, una donna come Julia Roberts (Naturale+Romantica) difficilmente si sentirà a suo agio nei panni di Joan Collins (Elegante+Drammatica) o in quelli di Helena Boham-Carter (Naturale+Creativa).

Proprio come ci sono ruoli in cui gli attori si calano con naturalezza, così ci sono abiti con cui un individuo si sente più confidente. Secondo la symbolic self-completion theory, esistono vestiti a cui ogni individuo sente di appartenere completamente.

Il sistema dei sette stili universali è utile per capire in che modo intervenire sull’immagine reale di una persona affinché si avvicini il più possibile a quella ideale, creando un rinforzo positivo nella percezione del sé.

Le emozioni saranno tanto più positive, quanto più l’immagine corporea percepita corrisponderà al proprio personale ideale di bellezza e a determinati canoni estetici. È fondamentale non subire la moda, ma imparare a usare l’abbigliamento come strumento per lavorare sul proprio benessere, aumentando così la propria soddisfazione personale che è legata all’idea di avere un’immagine corporea positiva.

Come scoprire il proprio stile 

Al di là della banalizzazione offerta dai Social, padroneggiare l’arte dello styling non è così facile. Servono studi che abbracciano non solo la sfera della moda, ma anche la storia del costume, l’antropologia e la sociologia, insieme a una buona dose di curiosità personale e a un aggiornamento costante che deve spaziare in un po’ tutti gli ambiti.

L’ideale sarebbe rivolgersi a un professionista, già un’attenta lettura del curriculum aiuta a scremare nella marea di profili presenti online. Una persona competente è la guida migliore perché saprà fare un’analisi accurata e soprattutto obiettiva.

L’armadio, come spiega bene la psicologia della moda, è il contenitore della nostra narrazione identitaria e raccoglie, ordina e protegge i diversi sé che la compongono. È come se l’armadio ricomponesse in un unico luogo tutti i pezzi del nostro essere, permettendoci di incastrarli di volta in volta in modo diverso, a seconda di quale aspetto di noi vogliamo fare emergere. Va da sé che una guida ci faciliterà nel compito di leggere e interpretare ogni singolo tassello

Nessun acquisto è mai casuale, inconsciamente risponde a un bisogno della nostra personalità. Ma se proprio non possiamo affidarci alle cure di un esperto, allora il consiglio è quello di provare a utilizzare uno dei tanti test presenti online.

La maggior parte dei quiz disponibili è purtroppo in lingua inglese perché sia la consulenza d’immagine che lo styling nascono e si perfezionano nei paesi anglofoni. Con un po’ di pazienza e con l’aiuto di un vocabolario, però, sarà possibile portare a termine la missione. Certo il risultato non sarà accurato, ma almeno il contenuto del nostro guardaroba ci apparirà meno caotico.

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